mercoledì 2 marzo 2005

Cinque. Angeli in bicicletta.

Ca’ Alta si chiamava così perché si trovava nel punto più alto e più esterno del colle su cui l’imperatore Federico Primo di Svevia detto il Barbarossa aveva rifondato nel 1158 la città. Non c’erano strade che portavano alla Ca’ Alta, non c’era modo di arrivarci, e chi ci abitava non si spostava mai. Ma se avevi fortuna e passavi da quelle parti nell’esatto istante in cui la luna tocca la punta del monte Everest, lontano da qui, allora avresti anche potuto vedere un serafino equilibrista pedalare serafico su un congegno simile a una bicicletta, ma con una ruota sola. E se eri vestito d’azzurro il serafino ti avrebbe guardato e ti avrebbe chiesto: “posso accompagnarti, solitario viaggiatore?” E tu, montato non si sa come sul ciclo celestiale, avresti raggiunto la Ca’ Alta e da lì non ti saresti più mosso per tutta la vita. Dalla Ca’ Alta si riusciva a vedere un paesaggio sterminato e ad avere gli stessi pensieri del Barbarossa.
Ora davanti
dietro
di fianco
sopra
e sotto
alla Ca’ Alta ci sono case che castrano la visuale. Un giorno qualcuno depositerà un documento in Comune, un tecnico sbadato lo firmerà e verrà giù anche lei, con le sue croste e i suoi ricordi, proprio come la vecchia villa liberty vicino al formaggiaio. Non se ne accorgerà nessuno.
Me l’ha detto mio nonno che ha quasi ottanticinque anni, abita nel mio stesso quartiere e legge le sfere di cristallo. E sa quello che dice.

2 commenti:

  1. Anonimo12:35 PM

    Invece la mia nonna, che abitava in campagna (radici contadine..)mi ha raccontato che dopo l'8 settembre si rifugiò nella cascina dove lei viveva con la sua famiglia un soldato in fuga, che voleva solo ritornare a casa. Si chiamava Antonio - se non mi confondo nei racconti - ed era di Catania.
    Chissà se lui a Catania coltivava le arance, tanto preziose a quei tempi, così come i miei nonni qui coltivavano la terra per nutrire le mucche.....
    e poi...poi ci sono racconti di valige piene di soldi, lasciate un attimo in custodia da fascisti che fuggivano in bicicletta...e i racconti dello zio, che ha fatto la guerra in Africa, ha dovuto nascondersi nelle latrine del campo militare per evitare le bombe, è tornato in Italia su una nave che è stata silurata, ha fatto naufragio ed è stato ripescato e portato all'ospedale, dopo l'8 settembre è scappato ma è stato catturato dai tedeschi prima di superare le linea gotica, è stato mandato in Germania in un campo di lavoro di qualche industria che usava i lavoratori prigionieri, e da lì, quando i russi li hanno liberati, è riuscito finalmente a ritornare a Lodi. Ti assicuro è tutto vero. Sulla vita dello zio Arsenio si potrebbe scrivere un libro. Non ti andrebbe di farlo? o almeno sentirlo raccontare, perchè di tutto questo rimanga la memoria....?

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  2. Anonimo1:03 PM

    Ho capito qual è la Cà Alta...e l'ho sempre trovata molto bella, sia lei, che la sua confinante....non la trovo soffocata da altre costruzioni, ma semplicemente ben inquadrata nel contesto del quartiere, vicina ad altre case (non si vorrà pretendere che non ci siano case lì, dove ormai particamente è come se si fosse in centro..).Vedi come possono essere diversi i punti di vista?
    Mi è sempre piaciuta e, ti dirò, ho sempre desiderato poterla avere un giorno...ma non credo proprio che ci riuscirò... Dovesse mai succedere, sappi che non la abbatterò, ma semplicemente la ristrutturerò e la terrò per me.

    Nella tua storia della bici non dimenticare Girardengo, nè il suo amico Sante.

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