giovedì 2 marzo 2006

Diciannove. C'era una volta.


C’era una volta la cascina. Abitata da tante persone, una piccola comunità autosufficiente, sorvegliata dal padrone fitavul che nella struttura a corte chiusa aveva la casa più grande e più bella, sempre di fronte o di lato all'entrata, per sorvegliare lo spazio interno.
Nella cascina si allevavano animali, e le vacche erano fondamentali nell’economia contadina, carne e latte. La stalla delle vacche da latte, lo stallon, era a nord, le stalle dei cavalli a est o a ovest. i tre locali necessari alla lavorazione del latte, la casiróla per la conservazione del latte, il casón con fornello e caldaia per la trasformazione del latte in formaggio e la casèrä per la conservazione e stagionatura del formaggio.
C’erano poi, vicino alla casa del fittavolo la cantina, il locale per il torchio delle uve, la lavanderia e il forno per il pane.
I barchi (portici) venivano spesso adibiti a stalla estiva.
Dall’altro lato della corte vivevano le famiglie dei contadini che passavano due terzi dell’anno a lavorare nella cascina, case modeste, con solo due stanze: una sotto con camino e una sopra senza camino, dove dormivano tutti i membri della famiglia. A volte i contadini decidevano di cedere la stanza ai bachi da seta, e questa diventava bigattera. C’erano anche l'arsenàl, ovvero i locali per il fabbro e il falegname ricavati in un porticato. E visto che il frigorifero non era ancora stato inventato era indispensabile la giascèra, un buco profondo circa 4-5 metri in cui, con un'asse (lo sgurón), si faceva scivolare il ghiaccio sul fondo dove si conservava fino ad agosto. Il ghiaccio era ricavato allagando un campo in pieno inverno e tagliando la crosta ghiacciata in grossi cubi.
E fuori la concimaia, e poi i prati, le risaie, i filari di gelsi, oggi praticamente scomparsi e sostituiti da pioppi. Gli alberi posti sul bordo di canali e fossati servivano all'allevamento dei bachi e proteggevano i raccolti dai venti.
Ogni tanto camminando per strada, in piena città, si incontra ancora qualche cascina. Lo si capisce subito dai fori a croce della parte superiore che di solito rimangono, anche quando vengono ristrutturate. Ce n’è almeno una per ogni quartiere. Da alcune hanno ricavato appartamenti, villette o abitazioni a più piani. Altre non sono più abitate, vengono usate come circoli o luoghi di incontro. Quando mi imbatto in qualche cascina mi dico: un tempo qui intorno erano tutti campi, se qui c’è una cascina vuol dire che questa parte della città era disabitata, coltivata, che c’erano grandi spazi per vivere e respirare. Oggi sono soltanto reperti incastonati in mezzo a case e palazzine, circondate da strade grigie, alberi stranieri e rumori di clacson, da cui non si riesce più a vedere neanche un tramonto.

(per le informazioni sulle cascine: MUVI – Museo virtuale della storia collettiva di una regione)