sabato 29 ottobre 2011

Pasticcino se n'è andato.

Era solo stanco di fare da anni lo stesso lavoro, mi ha detto un giorno. Pasticcino lavorava in un ufficio davanti ai giardini, dove c'è la fontana che ha fatto il Comune, quella bella fontana con tutti gli spruzzi che escono dal pavimento di pietra, così bella che ti vien voglia di buttarti in mezzo, soprattutto d'estate quando fa così caldo che muori, ma il Comune dice che è proibito, perché non è mica una piscina. E allora la fontana la puoi solo guardare, e d'estate ti viene ancora più caldo. Pasticcino l'avevo chiamato io così, perché ogni tanto combinava pasticci, ma solo perché quando io parlavo a volte non mi ascoltava, poi faceva a modo suo e non sempre a modo suo era come volevo io. Io avevo bisogno di lui per tante cose, per stampare impaginare creare. Pasticcino lavorava in una piccola tipografia, era un creativo, era divertente e vederlo mi metteva di buon umore. Ridevamo sempre. Ogni tanto bevevamo un caffè insieme, a volte un aperitivo, nel bar vicino alla fontana. Qualche volta lui mi invitava a pranzo a casa sua, qualche volta invitavo io lui. Viveva da solo, ma aveva una bella fidanzata straniera che era tornata nel suo paese. Ricordo il vitello tonnato di sua mamma, e la minestra che era quella in barattolo ma rinforzata con verdure vere. Lui aveva sempre fame, forse perché era molto alto. Pasticcino ora lavorerà in un altro ufficio, vicino a casa mia, più vicino di prima, ma non è la stessa cosa. Perché quello che andrà a fare a me non serve e non potrò più telefonargli duecento volte al giorno per sfogarmi di tutte le sanguisughe che ogni giorno incontro nel mio lavoro. Mi sentirò, già mi sento, un poco più sola. Gli auguro tanti nuovi pasticci e pasticcini, sperando che non si dimentichi della sua amica un po' matta. In fondo adesso casa mia si troverà a metà strada tra il suo nuovo lavoro e la sua casa col citofono impazzito e forse pranzeremo ancora insieme.

venerdì 28 ottobre 2011

Il suono del tempo.

Sono rimasto sul pianerottolo ad ascoltare i rumori della casa. Tutto era tranquillo. Mi sono chiesto perché nessuno riuscisse a sentirmi in questa calma. Poi mi sono messo ad ascoltare i suoni che la casa solitamente fa quando i suoi abitanti stanno in silenzio. Il pavimento scricchiolava nel suo processo di assestamento sulle fondamenta. I tubi gorgogliavano dentro le pareti. La caldaia ronzava. Mi sono aggrappato alla ringhiera in cima alle scale. Ho sentito qualcos'altro: il mio cuore che pulsava, il sangue che mi pompava nelle orecchie, il lontano ticchettio dell'orologio nell'ingresso, al piano di sotto. Era il tempo. Anche il tempo ha un suono. Non l'avevo mai sentito prima. Mi sono coperto le orecchie con le mani. Era assordante.
Siobhan Dowd, Il mistero del London Eye (uovonero edizioni).

martedì 25 ottobre 2011

Il letargo degli umani


«Satanasso si ritroverà una bella tana», gongolò Jari Mäkelä fiero del suo lavoro. «Non sarebbe un'idea malvagia, se anche l'essere umano potesse andarsene in letargo tutto l'inverno. Per lo meno noi agricoltori il tempo ce l'avremmo. Per esempio, non ci toccherebbe pagare l'abbonamento alla televisione se non per l'estate, dato che nessuno la guarderebbe durante il sonno. E anche per i giornali, ci abboneremmo soltanto per il periodo estivo», filosofeggiò il lanciatore.
E il pastore aggiunse di rincalzo che si sarebbero potute chiudere anche le chiese per l'inverno, durante il letargo dei preti.
«I morti si potrebbe inumarli tutti a maggio, mentre le cresime si festeggerebbero tutte insieme. E non ci sarebbe più la messa di Natale.»
L'ingegnere, mentre trascinava sul cantiere un rotolo di cartone incatramato, esclamò: «Nell'edilizia una pausa invernale sarebbe solo un vantaggio, con il nostro clima. Soprattutto le colate di cemento e la posa delle condotte sarebbero indubbiamente più agevoli quando il terreno non è gelato.»
Anche a parere di Saimi Rehkoila il letargo degli umani sarebbe una buona cosa: «Non ci sarebbe più da lavorare per i pasticcini di Natale né per spalare la neve, anche se pi una povera vedova tutta sola può comunque fare a meno di festeggiare il Natale. Ma d'autunno bisognerebbe fare le grandi pulizie e lavare lenzuola e tappeti, perché poi non ti tocchi di metterti subito a lustrare tutto non appena ti svegli in primavera.»
«Su un piano più generale, ritengo che l'intera economia nazionale trarrebbe benefici dal riposo invernale», meditò l'ingegnere Soininen. «Per esempio si potrebbero sospendere tutti i servizi per il periodo invernale, mentre continuerebbero ad operare soltanto le industrie della trasformazione grazie alla mano d'opera straniera che resterebbe sveglia, e le esportazioni continuerebbero così a fruttare d'estate e d'inverno allo stesso modo. Al momento i disoccupati si girano i pollici tutto l'anno, ma se il letargo invernale venisse adottato ufficialmente, anche il periodo di disoccupazione si accorcerebbe altrettanto riducendosi alla sola estate. Un risparmio non da poco per il bilancio nazionale, in tempi duri come questi».
Arto Paasilinna, Il migliore amico dell'orso