domenica 31 luglio 2011

Castelli di rabbia.

Oggi in spiaggia ho visto una bambina con le occhiaie. Era appena uscita dall'acqua, indossava ancora i braccioli per nuotare. Era pallida, pallidissima, non di quel pallore cittadino, da inverno passato in mezzo alla nebbia. Era pallida di un pallore di malattia e sofferenza, di tormento interiore. Avrà avuto sei anni, e aveva le occhiaie, scure, nere. Assomigliava un po' a Mercoledì Addams, ma era molto più cupa e agitata. Si è messa a pasticciare la sabbia prendendo una formina, e riempiendola con foga, come se bastasse solo quel gesto - riempire - a placare un qualche demone interiore. Il risultato era poco importante. Dopo pochi secondi ha scagliato lontano da sé sabbia e formina, e si è messa a canticchiare qualcosa in una lingua a me sconosciuta, come se improvvisamente cantare fosse il rimedio per tenere lontani i fantasmi. Mi ha fatto tenerezza, e un po' pena, avrei voluto prenderla in braccio e dirle di stare tranquilla, che il mondo sì, è un brutto posto, ma che lei può renderlo migliore, anche costruendo castelli di sabbia. Ho avuto la sensazione che non le avrebbe fatto piacere essere toccata. Lei non voleva nessuno. Solo non esserci.

mercoledì 20 luglio 2011

Genova dieci anni fa

«Livia, io non mi sento tradito. Io sono stato tradito. Non si tratta di sensazioni. Ho sempre fatto il mio mestiere con onestà. Da galantomo. Se davo la mia parola a un delinquente, la rispettavo. E perciò sono rispettato.È stata la mia forza, lo capisci? Ma ora mi siddrai, m'abbuttai.»
«Non gridare, ti prego» fece Livia con la voce che le tremava.
Montalbano non la sentì. Dintra di lui c'era una rummorata stramma, come se il suo sangue fosse arrivato al punto di bollitura. Continuò.
«Manco contro il peggio delinquente ho fabbricato una prova! Mai! Se lo avessi fatto mi sarei messo al suo livello. Allora sì che il mio mestiere di sbirro sarebbe diventato una cosa lorda. Ma ti rendi conto Livia? Ad assaltare quella scuola e a fabbricare prove false non è stato qualche agente ignorante e violento, c'erano questori e vicequestori, capi della mobile e compagnia bella!»
Salvo Montalbano in Il giro di boa di Andrea Camilleri

domenica 17 luglio 2011

L'amaca.

martignano 2, inserito originariamente da valium83.

Oggi mi sono sdraiata sull'amaca, ero stanca dopo la notte bianca terminata alle quattro di mattina. Ho chiuso gli occhi, pensando, che bel silenzio, finalmente, dopo i botti dei fuochi d'artificio e la musica che per parlare dovevi metterti a urlare. Ma non era un vero silenzio. Ho teso l'orecchio e ho sentito il cinguettio degli uccelli, l'abbaiare di un cane, la tartaruga che si arrampicava sulla sua roccia, il gocciolare dell'acqua nell'acquario, il vento che muoveva le foglie degli alberi. E il rumore di un treno, di un aereo e delle auto. Lo sbattere di una portiera. Due uomini che parlavano, l'ascensore che saliva. Ma era tutto lontano. Mi sono addormentata. Mi piace il silenzio. È fatto di tanti piccoli rumori. È pieno di vita.

venerdì 15 luglio 2011

Ciuf ciuf!

Mi ero dimenticata che da casa mia si vedono i treni passare. Si sente, in lontananza, un rumore di ferraglie che si avvicina, e dopo qualche secondo tra gli alberi, oltre le case, si intravvedono le carrozze del treno sfilare. Come il lampo e il tuono, solo che in questo caso prima si sente e poi si vede.
Ieri Emma è passata da casa mia con i suoi 50 centimetri di altezza e il suo incedere pericolante. È entrata e uscita dal terrazzo almeno dieci volte, salita sulla "paca" (trad. amaca) tre volte, «ia giù!» (trad. zia giù!), con i chicchi di "siotto" (trad. risotto) giallo sul tovagliolo che le avevo legato a mo' di bavaglino. Ha tentato di bagnare i fiori con lo spruzzino, ma non aveva abbastanza forza. E a un certo punto ha sentito quel rumore: «teno!» (: treno), ha gridato e ha voluto essere presa in "baccio" (: braccio). Siamo rimaste così, per circa mezz'ora, affacciate al balcone, ad aspettare che i treni passassero, e intanto si è fatto buio, e c'era solo la luna piena ad illuminare quell'angolo di paesaggio scuro fatto di fronde degli alberi e di tetti di case. E passavano treni merci che erano solo ombre e treni con le finestrelle illuminate, e ogni volta lei mi chiedeva «coa» (trad. ancora) come se fossi io a farli apparire. Ho provato a chiamarli, ma i treni non fanno più ciuf ciuf.

mercoledì 13 luglio 2011

Da vent'anni mano nella mano.


Ci sono un lui e una lei che io osservo da vent'anni. Li ho incontrati la prima volta all'ospedale, ventun'anni fa, quando è nata mia cugina. Lei aveva partorito il primo figlio da poco. Per qualche strana ragione ho continuato a rivederli in tutti questi anni, per le strade della mia piccola città. Loro non sanno chi sono io, non ci siamo mai conosciuti. Ma io mi sono ormai affezionata a questa famiglia a distanza. La mamma sembra non essere mai invecchiata, non saprei darle un'età, è giovane ma non più giovanissima, cura molto il suo aspetto ed è sempre bellissima. So come si chiama, ma è meglio se non lo scrivo. Il papà è un po' invecchiato, dimagrito. Dopo il primo figlio, ne hanno fatto un altro, che ho conosciuto quando era alla scuola primaria (gli ho insegnato a usare il computer). Quello che continua a stupirmi è che da vent'anni almeno, loro vanno in giro per le strade della mia piccola città sempre mano nella mano. Non si stancano mai.