sabato 29 settembre 2007

Facciamo finta (ovvero un mese fa circa)

Il cielo è coperto da tappeti di nuvole colorate, noi siamo capitati in un villaggio andino delle Alpujarras bianco di calce, abitato da grassi signori e cani randagi affamati di spazzatura. Sulle strade curve che portano fin quassù abbiamo incontrato chumbos e limoni, mele, uva e fichi, siamo a mille metri d'altitudine ma soffia un caldo vento di mare. Ieri sera la luna ha provato più volte a uscire dal monte ma non ce l'ha fatta. Ha illuminato per un po', da dietro, la cresta del monte con la sua aureola e poi si è arresa.

giovedì 27 settembre 2007

Il ciclista fantasma.


C'è una specie urbana, il ciclista fantasma, che sta diventando di moda. Nessuno si accorge di lui. Il ciclista fantasma non infrange mai le regole: rispetta la segnaletica, pedala solo negli spazi a lui assegnati e mai contromano. Però nessuno sembra vederlo: né i pedoni, che attraversano la strada proprio mentre lui sta arrivando, né gli automobilisti che aprono portiere all'improvviso. Il ciclista fantasma ogni tanto si fa male, ma nessuno gli chiede scusa, perché nessuno ci fa caso. Perde i suoi poteri di invisibilità quando è lui a far male a qualcuno, ma difficilmente gli si dà ragione. Per gli altri, ha sempre torto.(dibujo de Irina Tozzola: clic)

mercoledì 26 settembre 2007

Trentadue. Gli ombrelli sono sempre troppo grandi per i portoni delle case.

E così, quando devi entrare, con lo zaino sulle spalle, la borsa a tracolla, la cartella con il computer e i sacchetti della spesa, dimentichi il pensiero che hai fatto stanotte alle quattro, quando il temporale ti ha svegliata con un tuono: che bello. Un po' d'acqua. Che bello non dovrò bagnare i fiori. Che bello. E' arrivato l'autunno. Le stagioni esistono ancora. Remolo e Mucomoris si sono dati tregua e si sono rifugiati sotto le coperte del mio lettone due metri per due, bagnati e impauriti. Il nano Glauco ha preferito restare di guardia. Ha saputo che nel quartiere si aggira una fatina di nome Trilly che vuole rapirlo. O meglio, lei è del Comitato "Liberiamo i Nani da Giardino" (o qualcosa del genere) e pensa di fargli un favore, non sa che non appena lo toccherà, lui l'ammazzerà a zappate. Non va tanto per il sottile, ed è un po' sadico, il nano Glauco.
E dopo tutto il cullare notturno del ticchettio della pioggia, e un risveglio un po' sudicio ma rilassato, ecco che in questo vero inizio d'autunno, mi tocca fare la cosa che non si dovrebbe mai fare in un giorno di pioggia: infilarmi nell'infernale automobile ed entrare in autostrada. Nove chilometri di coda, imbottigliamento al casello, file di camion giganti, due ore per trenta chilometri.
Giuro che la vendo. E che il prossimo giorno di pioggia mi dò malata.

martedì 25 settembre 2007

Trentuno. Cric croc. Fanno le foglie sotto le ruote della bicicletta. Di notte.

E non è che di giorno non lo fanno, semplicemente non te ne accorgi, perché il rumore del traffico e della gente è più forte di qualsiasi cric croc di un po' di foglie secche cadute da qualche giorno (da quando sono state avvisate che siamo in autunno, ormai: e quindi devono cadere). E chissà perché, non cadono mica sulla strada, cadono sulle piste ciclabili. Una bici dietro l'altra, e il tappeto di foglie si compatta, cade un po' di pioggia e le impasta per bene e a quel punto è probabile che non faccia più cric croc ma scic sciac e non riusciate più a distinguere una foglia dall'altra. Comunque cric croc è il primo dei motivi per cui vi consiglio di girare di sera in bici. Il secondo è che non fa ancora così freddo e si respira e il terzo è che la città è deserta e potete ascoltare il silenzio. Il quarto è che il sangue di sera circola meglio (questo l'ho inventato, ma mi sembra così), e il quinto che siete a impatto zero sul pianeta e il sesto (ultimo) è che non consumando petrolio, risparmiate denaro. Vi ho convinto?

mercoledì 19 settembre 2007

Trenta. Il vizio dell'insonnia.

Non so se l'ululato è un vizio, ma Remolo ha deciso che non vuole farmi dormire e non è nemmeno colpa sua, visto che ha scambiato il faro del cantiere di fronte a casa per una luna piena. Eh sì, si è riacceso. Ma perché? Non sono stata a spiegargli che le lune hanno le loro fasi e che non è possibile che rimangano piene per così tanti giorni, lo scoprirà da solo. Dopo che avrò fatto quella telefonata.

lunedì 17 settembre 2007

Ventinove. Da cosa si capisce che sta arrivando l'autunno. O l'estate.

I melograni. Le zucche. E i gerani che stanno tirando le cuoia sul balcone.
Per il resto, siamo più o meno a metà giugno. La scuola è finita, e io devo ancora partire. La cosa più difficile è preparare i bagagli senza dimenticare niente, e senza portare niente di troppo. Impossibile. Questa volta parto così come sono. Mi alzo, mi lavo e mi vesto, e via, sono pronta per il mio primo volo in mongolfiera. Sorvolerò le alpi liguri, e il vento caldo mi porterà verso l'iberia, poi chissà, l'africanera o le ameringhe. Ma il destino non è un foglio di excell. E infatti apro la porta di casa, faccio un passo avanti e quasi cado a rotoloni giù dalle scale, maledette donne delle pulizie che non rimettete mai a posto gli zerbini, penso. Lo zerbino emette un guaito. Guardo meglio: sembra un animale. Lo sollevo, il telo che lo avvolge cade per terra, e restiamo muso a muso io e quel coso dagli occhioni dolci. Al collo porta un'etichetta che dice: "piccolo lupacchiotto senza pelo ma con tanti vizi". Non bastavano il nano fuggitivo e il gatto istrione. Anche il lupacchiotto spelacchiato, adesso, e non voglio neanche sapere cosa vuole dire "con tanti vizi". Decido di chiamarlo Remolo, e lo faccio entrare. Per colpa di Remolo ho perso l'ultima mongolfiera, e adesso sono qui, passerò l'estate a casa, a sognare l'iberia.

mercoledì 12 settembre 2007

Ventotto. L'invasione dei castori.

Gli alberi di trenta piani del molleggiato non li fanno più. (Qui da noi, almeno). Danno troppo nell'occhio. Eppure, mi sono chiesta, da qualche parte ci dev'essere la fregatura. Perché, è inutile negarlo, sulla terra siamo sempre di più, e non hanno mica smesso di costruire. Ve lo dico in gran segreto, se non ve ne siete accorti: siamo circondati dai cantieri. Un giorno busseranno anche alla mia porta: un omino con l'elmetto, basso, baffi, faccia da castoro, mi dirà: "siamo venuti a buttare giù il muro". Non avrò nemmeno il tempo di dire: "bah" o "beh" o "un momento...", l'omino sarà già entrato in casa con la squadra di castoroni, e avrà già preso a misurare, trapanare e mi ritroverò in un nugolo di polvere a tossire come i superstiti delle torri gemelle, e me ne dovrò andare. Il nano Glauco, col suo fagotto, si calerà dal balcone con una fune e andrà a vivere nel giardino della vecchietta che sta tutto il giorno seduta sull'uscio, a guardare le tartarughe fuggire, e a riportarle al vicino. Mucomorìs sonnacchioso cercherà altri cornicioni e altri tetti su cui gnaulare le sue serenate alle belle e soffici gattine del quartiere (tanto c'è sempre qualcuno che dà da mangiare ai gatti). E io ercherò un'altra casa, o almeno ci proverò, e scoprirò che il sistema è quello di abbattere le vecchie abitazioni per costruirne di nuove, in un ciclo continuo. Solo che da una bellissima villa liberty, dove un tempo viveva una sola famiglia, si ricavano dieci appartamenti per dieci famiglie. E un giorno nello stesso spazio vivranno magari cinquanta famiglie, poi cento, in piccoli loculi: tutto a portata di mano. Ecco la fregatura.

lunedì 10 settembre 2007

Silenzi/9

Il silenzio disperato (o rassegnato?) di chi deve restare e vede gli altri andare via, è un silenzio fatto di luce e di segnali inviati nel deserto del mare. E' un silenzio che riesce a farsi vedere.