sabato 29 novembre 2008

La principessa delle nevi.

Illustrazione di Patricia Lopez Latour

La Principessa delle Nevi era tutta bianca e gelida ed era sempre bella, perché il freddo non la faceva mai invecchiare, ma nessuno sapeva che dentro aveva un cuore caldissimo che la teneva viva. Ogni giorno, con la slitta, percorreva le lande desolate del suo regno in cerca di vita e ogni giorno vedeva che nonostante il freddo la vita resisteva: c’erano gli orsi, i pinguini e le foche, c’erano muschi e licheni, c’erano renne e cani.
La Principessa era buona e dava sempre giusti consigli, ma siccome era fredda tutti pensavano fosse malvagia. In fondo era meglio così, perché soltanto in questo modo le cose funzionavano.
Mari Lo e Guido Boletti, Lo specchio della luna

venerdì 28 novembre 2008

Tutta colpa del bianco.

Illustrazione di Lara Dombret

E venne l’inverno e la neve coprì tutto di bianco: la villa, il pozzo, la foresta, il tamburo invisibile, la rosa, anche la luna. Si vedeva solo bianco e non si sentivano rumori. Bruno era contento, il primo giorno. Il secondo giorno cominciò a guardarsi intorno: non poteva lavorare, non aveva nessuno con cui parlare perché quasi tutti gli animali erano andati in letargo, e la luna era scomparsa sotto una coltre pesante di nuvoloni grigi e neri che scaricavano tempeste e quintali di neve. Non poteva nemmeno passeggiare nel bosco perché faceva troppo freddo. Dopo una settimana, cominciò ad annoiarsi. Tutta colpa del bianco, pensò. Cosa avrebbe dato per un tenue giallino raggio di sole, per una gigante marrone cacca di cane, per un filo (uno solo!) di erba verde o un fiorellino rosa... insomma, in mezzo a tutto quel bianco, gli mancavano i colori, gli mancava la vita. E cominciò a meditare di andarsene dalla villa.
Mari Lo e Guido Boletti, Lo specchio della luna

domenica 23 novembre 2008

Just a perfect day.


Oggi è una meravigliosa giornata di sole. Non una giornata di sole qualsiasi: è una di quelle giornate che capitano un paio di volte l’anno, col cielo terso e azzurro, una lucente giornata d’inverno, col vento gelido, e l’aria limpida.
Una giornata in cui gli alberi, le persone, le strade e i monumenti sembrano avere più colori, come se Dio volesse scattare una foto del mondo prima della sua fine e avesse deciso di soffiare un po’ sull’obiettivo e applicare qualche filtro.
Perché oggi è una di quelle giornate che ti spazzano via il malumore.
Confesso che se potessi scegliere, vorrei morire o rinascere in un giorno come questo.
Perché questo è un giorno che ti riconcilia con la vita e camminando per strada, nel silenzio della domenica a pranzo, ti sembra che il mondo sia bello, davvero bello e ti sembra veramente impossibile che da qualche altra parte, sul pianeta, con una giornata così, ci sia qualcuno che possa avere pensieri brutti, ci sia qualcuno che ammazzi qualcun altro e qualche bambino che muoia, innocente.
Oggi è una giornata in cui le armi andrebbero seppellite.
Dovremmo metterci tutti in cerchio a fare un grande girotondo.
E poi, ridere. Tutti giù per terra.

martedì 18 novembre 2008

Cinquantatre. Le bottiglie del Commissario.


Il commissario Vincent Aquarius è venuto a vivere con me. Insomma, dopo quella storia dell'elefante (leggi qui), per lui le cose si sono messe molto male. Chi volete che gli abbia creduto quando ha cominciato a raccontare di elefanti che volano? Solo io sapevo che stava dicendo la verità, ma io non sono niente. Io a malapena esisto, forse sono solo il sogno di me stessa tra vent'anni. Comunque, Vincent ha cominciato a bere, ed era normale che finisse così. Ma non si è messo a bere vino o birra, no: calvados e assenzio. A volte melanzando le due cose. Ha cominciato a vedere i topi volare, i delfini camminare a braccetto per strada e quando ha detto di aver visto un cane guidato da un cieco l'hanno licenziato. Era troppo.
E allora, che potevo fare? Io in casa mia ho intere riserve di calvados ma soprattutto di assenzio: l'ho invitato a vivere qui.
Così può sbronzarsi dalla mattina alla sera, e mi libera la cantina.
Gli ho dato l'altra stanza, quella libera (che poi è piena di cose) ma lui si è infilato nel mio letto. Non ho capito se è stato il gatto a cacciarlo o se voleva provarci. Glielo chiederò domattina. Adesso dorme. Meglio se mi giro dall'altra parte.

domenica 2 novembre 2008

Ogni cosa è illuminata.

Io e l'eroe a cena abbiamo parlato molto, specialmente dell'America. "Dimmi le cose che avete voi in America" ho detto. "Cosa vuoi sapere?" "Il mio amico Gregory informa che in America ci sono tante buone scuole per i commercialisti. E' vero?" "Forse. Non so. Quando ritorno, potrei informarmi." "Grazie" ho detto perché adesso avevo un contatto in America e non ero solo e basta. "Cosa vuoi fare?" "Cosa voglio fare?" "Sì. Cosa vuoi diventare?" "Non lo so." "Certo che lo sai." "Varie cose." "E che cosa vuol dire varie cose?" "Non sono ancora sicuro." "Il Babbo mi informa che stai scrivendo un libro su questo viaggio." "Mi piace scrivere." Ho dato un pugno sulla sua schiena. "Tu sei uno scrittore!" "Ssst!" "Ma è una buona carriera, giusto?" "Che cosa?" "Lo scrittore è molto nobiliare." "Nobiliare? Non so." "Hai già pubblicato dei libri?" "No, ma sono ancora molto giovane." "E racconti li hai pubblicati?" "No. Be', sì... un paio." "Come sono intitolati?" "Lascia perdere." "Questo è un titolo di prima classe." "No. Volevo dire proprio lascia perdere." "Io avrei molta felicità di leggere i tuoi racconti." "Probabilmente non ti piacerebbero." "Perché lo dici?" "Non piacciono neanche a me." "Oh." "Sono esperimenti." "Cosa vuol dire esperimenti?" "Che non sono veri racconti. Stavo soltanto imparando a scrivere." "Lo spero." "E' come diventare commercialista." "Forse." "Perché vuoi scrivere?" "Non so. Una volta pensavo che fosse la mia vocazione. No, non l'ho mai pensato invece. E' solo una frase fatta." "No, non è vero. Io sento veramente che sono nato per fare il commercialista." "Beato te." "Forse tu hai la vocazione di scrivere?" "Non so. Magari. E' un modo di dire orribile. Volgare." "Non sembra orribile, e nemmeno volgare." "E' così difficile esprimersi." "Capisco questo." "Io mi voglio esprimere." "Lo stesso è vero anche per me." "Sto cercando la mia voce." "E' dentro la tua bocca." "Voglio fare qualcosa di cui non avere vergogna." "Qualcosa di cui essere orgoglioso, giusto?" "Neanche. E' solo che non voglio vergognarmene." "Ci sono tanti scrittori russi pregiati, giusto?" "Oh, certo. In quantità." "Tolstoj, giusto? Lui ha scritto Guerra e anche Pace che sono libri pregiati e ha anche vinto il Premio Nobel della Pace per la Letteratura, se non mi sbaglio." "Tolstoj, Belyj, Turgenev." "Una domanda." "Sì?" "Tu scrivi perché hai qualcosa da dire?" "No." "E se posso traslocare a un altro argomento: quanta moneta guadagna un commercialista in America?".
Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata