domenica 30 marzo 2014

La voce della primavera


Era bellissimo! Tu pensa, un popolo che dedica il suo tempo - Mao avrebbe detto che "spreca" il suo tempo, e in parte non aveva torto - ad allevare i grilli fuori stagione per poter sentire d'inverno, quando fuori nevica, la voce della primavera. Perché il grillo dove sta? Sta al caldo, in una piccola zucca vuota, che è la sua casa, nella tasca interna della tua giacca. Il tappo è d'avorio intarsiato o a volte anche di giada, bellissimo.
Tutti questi erano i divertimenti dei manciù.
Di nuovo, la cosa che mi affascinava era che i cinesi non prendevano la prima zucca dell'orto e la mettevano a seccare. No! Quando la zucca veniva fuori dalla terra la mettevano in uno stampo d'argilla nelle cui due metà erano incisi dei simboli, così che la zucca, crescendo, premesse nei vuoti dell'incisione e quando si riaprivano le due metà lo stampo avesse impresso sulla zucca i caratteri della lunga vita o della felicità. Ma te lo immagini?
Alcune zucche invece venivano fatte crescere in forme perfettissime su cui poi venivano incisi con ferri infuocati paesaggi o scene di saggi nelle montagne. Tu, questa zucca la tenevi nella giacca e nel freddo della notte, mentre scrivevi una poesia o bevevi il tè nel tuo piccolo si he yuan, la tua casa col cortile, sentivi il cri-criii, cri-criii del grillo che ci stava dentro.

Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio

venerdì 21 marzo 2014

Primule (la mia poesia per la Giornata Mondiale della Poesia)


               Sbocciano al tenue sole
di marzo ed al tepor de' primi venti,
folte, a mazzi più larghe e più ridenti
              de le vïole.

              Pei campi e su le rive,
a piè de' tronchi, ovunque, aprono a bere
aria e luce, anelando di piacere,
              le bocche vive.

              E son tutti esultanza
per esse i colli; ed io le colgo a piene
mani, mentre mi cantan per le vene
              sangue e speranza;

              e a dirti il dolce amore
che a te solo m'allaccia e a cui non credi,
con un palpito in cor getto a' tuoi piedi
              fiore su fiore.

Ada Negri, da Maternità (1904)

domenica 23 febbraio 2014

Alcune cose che vorrei fare, dopo. Non appena potrò.

1. Tuffarmi sul letto a pancia in giù. Dormire a pancia in giù.
2. Bere una caipirinha. Una grappina. Un nocino.
3. Mangiare l'uovo sbattuto con lo zucchero la domenica mattina. Mangiare un piatto di carbonara. Leccare il residuo di una ciotola prima di mettere la torta in forno.
4. Andare al ristorante giapponese e mangiare sushi.
5. Fare una lunga passeggiata.
6. Usare la bicicletta.
7. Andare a Milano in auto.
8. Prendere il treno.
9. Mangiare formaggi muffosi e una mattonella di gorgonzola con noci e mascarpone. Mangiare una fetta di pandoro con la crema al mascarpone.
10. Mangiare un panino con la coppa, uno con il salame, uno con il prosciutto crudo, la pancetta, il lardo, il culatello.
11. Prendere in braccio le mie nipoti.
12. Tuffare le mani nella terra.
13. Saltare. Correre.
14. Volare.

martedì 7 gennaio 2014

Il raffreddore bisogna solo lasciarlo passare.

 
Queste pagine, che ho letto l'anno scorso nel libro Dialogo del silenzio di Itsuo Tsuda hanno cambiato completamente il mio rapporto con il raffreddore. Tsuda, riprendendo gli insegnamenti di Noguchi, dedica, nel libro, ben tre capitoli al raffreddore.

"(...) il raffreddore non è una malattia da guarire, ma una funzione naturale dell'organismo che gli consente di rimettersi in sesto da solo. Se è la natura che fa il suo lavoro, la cosa migliore è lasciarla lavorare. È molto semplice. Quello che succede in realtà è proprio il contrario. Si fa di tutto per impedire alla natura di fare il proprio lavoro. (...) Secondo Noguchi, il raffreddore non è un'affezione generale del corpo, ma una distorsione che colpisce localmente un particolare sistema organico. Si prende il raffreddore quando il cervello è stato sottoposto ad un sovraffaticamento cerebrale. Si prende il raffreddore quando si è mangiato troppo sovraccaricando il sistema digestivo. Ad ogni modo, quando un sistema organico lavora troppo in rapporto all'insieme dell'organismo, quando c'è una fatica localizzata, si prende il raffreddore. Il raffreddore è quindi il risultato di una certa attività eccessiva dell'uomo, che provoca la perdita di elasticità muscolare nella parte affetta e di conseguenza lo squilibrio, indotto da questa perdita, nella postura. (...) Dopo il decorso del raffreddore che colpisce la parte interessata, in ciascun individuo, questa parte si sbarazza della stanchezza localizzata e recupera la propria elasticità.
E il virus? Non abbiamo nessuna ragione di trattarlo da nemico, se ci serve ad innescare il processo.
Noguchi si indignava per il fatto che noi prendiamo il raffreddore alla leggere e che ignoriamo completamente la sua utilità. Interrompendo il processo naturale di recupero, si mantiene inalterata la rigidità del corpo che si accompagna in genere alla rigidità dello spirito.
(...) Il raffreddore è una delle chiavi più importanti dei problemi della salute nell'uomo. Se si è capaci di trattare il raffreddore, si è capaci di trattare tutti gli altri problemi della salute.
Ogni problema ha un domicilio fisso, mentre il raffreddore è un vagabondo. Se si arriva ad afferrarlo, a localizzarlo, il resto è facile: si deve solo chiedergli di fare il lavoro che gli è assegnato, vale a dire, sensibilizzare il corpo, rivitalizzare il punto di fatica, recuperare l'equilibrio, normalizzare il terreno e rimetterlo a nuovo.
È altrettanto difficile che cercare di telefonare a qualcuno che cambia costantemente di numero. Telefonare, non è un lavoro difficile, ma bisogna sapere a quale numero.
Le persone apatiche non prendono il raffreddore. Sono come insetti giganti presi nel catrame. Possono agitare quanto vogliono le zampe, ma sono incapaci di prendere il volo o di togliersi di lì. Non sono in uno stato che permetta di dispiegare tutte le loro capacità. Si muovono quando ci sono degli imperativi, ma non sono capaci di decidere niente in prima persona."
Itsuo Tsuda, Il dialogo del silenzio. Scuola della Respirazione

sabato 4 gennaio 2014

Una coperta per tenerlo al caldo.

Come forse qualcuno di voi già sa, tra qualche mese in questa famiglia arriverà un bambino. Non sappiamo ancora come si chiamerà, non ce l'ha ancora rivelato, ma sappiamo al cento per cento che sarà maschio. Stiamo cercando, a fatica, di svuotare un po' la casa, per fargli spazio. La nostra casa stipata di libri, carte, foglietti e cianfrusaglie. Un po' lentamente, ma ci stiamo riuscendo.
Tra le tante cose che stiamo facendo nell'attesa, c'è anche una coperta, nella tradizione del Bai Jia Bei, di cui ho letto per la prima volta su questo blog, qualche anno fa. Una coperta patchwork fatta di tanti riquadri di stoffa quanti ne verranno donati da amici e parenti, e da tutti quelli che vogliono dimostrare affetto al nuovo arrivato, dargli calore, trasmettergli energie positive e proteggerlo per tutta la vita.
Ho cominciato a raccogliere queste stoffe molto tempo prima che il Piccolo ci fosse, qualche anno fa, appunto, perché era già nato nel mio cuore e nella mia testa e sono grata a tutti quelli che mi hanno donato una stoffa partecipando a un desiderio che ancora non era realtà (ma forse a volte i desideri sono anche più forti della realtà).

Bai Jia Bei significa "da cento famiglie", e la coperta dovrebbe essere composta da cento riquadri, ma alla fine verrà fatta da quanti ne avremo. Al momento siamo a quota ventitré, e chiuderemo la raccolta a metà febbraio, per dare ad Anna il tempo di cucire tutte le stoffe insieme (Anna, che oltre a cucire le stoffe sa anche cucire insieme le parole... per chi non la conoscesse, è questa qui). Quindi, se volete anche voi contribuire, memorizzate la data

Qui di seguito le istruzioni:
1. scegliere e ritagliare un riquadro di stoffa di cotone 100% delle dimensioni di 25 cm. per 25 cm. (per consentire di cucirlo ad altri analoghi riquadri di stoffa) che in qualche modo vi rappresenti e rappresenti l'augurio che volete fare al bambino a cui è destinato;
2. scrivere un biglietto di auguri per il bambino in arrivo, inserendo nel biglietto un pezzettino della stessa stoffa, in modo che il riquadro possa essere individuato.
3. Chiedermi in privato (a lore.pozzi@gmail.com) l'indirizzo di casa per l'invio via posta, o chiamarmi al telefono (per chi ce l'ha) per concordare la consegna a mano, con caffé offerto dalla sottoscritta.
È tutto, vi terrò aggiornati!



mercoledì 1 gennaio 2014

Buon anno!

Tutti gli anni ricevo gli auguri di Santiago Montiel. Santiago Montiel è un illustratore argentino che vive in Francia, che mi ha fatto conoscere circa sette anni fa la mia amica argentina, Marialaura, e con cui ho collaborato ad alcuni lavori.
La sua illustrazione quest'anno la trovo magica, e voglio condividerla con voi.
Una piccola baita su una sperone di roccia innevato (tra l'altro questa sperone assomiglia molto al profilo di una balena).  In quella baita, ci sono io, e c'è l'Orso. Ci siamo arrivati dopo una lunga camminata durata anni. Sapevamo che ci saremmo arrivati, e che ci saremmo arrivati insieme. Adesso sulla baita, è giusto annunciare, senza risparmiarsi, con una grande, enorme insegna, che il 2014 sarà un anno luminoso, ma che è proprio da questa piccola baita, isolata e faticosa da raggiungere, che siamo riusciti a vedere l'immensità del cielo stellato e dell'universo.
Felice 2014 a tutti!