Mi affaccio al balcone e vedo in lontananza due torri a righe bianche e rosse, alte più o meno trecento metri. Due torri gemelle in direzione nord-est. Due camini fumanti che di notte si illuminano di lucine rosse, come fari per gli aerei di passaggio: le torri della centrale termoelettrica.
Non è quello che si definisce un bel panorama, ma certe mattine all’alba, quando il sole non è ancora sorto e il cielo è limpido e sgombro di nebbia e fumi e degrada dal rosa al giallo mi sono quasi commossa di fronte alle Alpi, con davanti le torri della centrale e la luna piena che ancora non ha lasciato lo spazio a fratello sole-pallido.
La centrale è l’erede di un vecchio impianto degli anni ’50 e sfrutta le acque fredde dei canali che le stanno intorno e i giacimenti di gas naturale, di cui la nostra terra è tanto ricca e di cui resta memoria nella leggenda del Drago Tarantasio.
Si narra che un tempo grandi alluvioni ed esondazioni crearono proprio qui un lago, che venne chiamato Mar Gerondo. E dal lago salivano tanti e tali fumi e puzze e esalazioni malsane e pestiferi miasmi che appestavano tutto l’aere e intossicavano e ammalavano e morivano le persone. I più ricchi si diedero alla fuga. I medici non sapevano più che pesci pigliare.
- E’ colpa del mostro Tarando che dimora nei pantani del lago – dissero con autorità. E alcuni giurarono anche di averlo visto. Il mostro era un drago e secondo quanto sostengono i latini (e soprattutto: secondo quanto sostiene Aristotile, che non si può certo contraddire!) i draghi non solo esistono ma sono parenti stretti dei rettili e dei serpenti. Da cui il nome Tarando, da tarantola, poi Tarantasio.
Tutti sanno che i draghi nascono dalla spina dorsale degli uomini morti e questo drago qui doveva esser nato dal corpo putrefatto di Ezzelino da Romano, quel can feroce figlio del demonio che qualche anno prima era morto nella battaglia presso Cassano ed era stato sepolto da queste parti. Già. Proprio così. Che fare, dunque? Solo un intervento divino poteva cacciare il malefico e mefitico essere immondo. Si chiamarono vescovo, preti, curati, si fecero processioni e voti. E finalmente la notte di San Silvestro del 1299 si verificò il miracolo: il lago si prosciugò e sul fondo, sotto le mura della città presso il Molino della Madonna, furono trovate le reliquie di Tarantasio: una grande costola di drago, che venne spostata di qui e di là e infine esposta nella Chiesa di San Cristoforo, il santo evocato per il miracolo.
Passò poi un’équipe di paleontologi e sostenne che trattavasi di costola di cetaceo. Beh, che differenza fa? Chiesero alcuni. Sempre di leviatano si tratta. E la costola magicamente scomparve.
Ma si sa che il drago Tarantasio era un drago della specie mista, per cui poteva sopravvivere anche fuori dall’acqua. Secondo me è volato via.
giovedì 3 marzo 2005
Sei. Un cetaceo nella pianura padana.
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