mercoledì 9 marzo 2005

Il Grand-bi.

Poi qualcuno pensò di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. E inventò il Grand-bi, lo High Bycicle. Come sempre, quando c’è di mezzo un’invenzione, salta fuori più di un nome: e non si sa più se quel ‘qualcuno’ è il francese Victor Renard, l’inglese James Starley o Eugene Meyer. O forse, più semplicemente: tutti. Siamo alla fine degli anni 1870.
Il Grand-bi permetteva di fare 9 metri e mezzo con una sola pedalata, la ruota anteriore aveva un diametro di 3 metri, e complessivamente pesava 65 kg. Per montare in sella bisognava usare una scaletta di 6 gradini. Risultato: il ciclista sospeso a un'altezza vertiginosa e la guida così complessa che era necessario frequentare una scuola guida di Grand-bi.
Il Grand-bi era uno sport estremo: si poteva “cadere in avanti di testa”, a causa della velocità elevata o di piccole asperità del terreno. Si poteva morire o riportare lesioni e danni fisici permanenti. Fu così che l’uso di questi bicicli venne riservato ai giovani uomini avventurosi. Le persone più anziane e le donne preferivano saggiamente i più stabili tricicli o quadricicli.

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