sabato 12 gennaio 2008

Quarantacinque. Catena di montaggio.

Lo faccio solo perché non ho altra scelta, sia chiaro. Devo pagare col sangue (e non è una metafora... sul mignolo mi si è formata una vescica pustulenta che ha preso a sanguinare) le mie lacune in materia di calendario liturgico, gli anni passati lontano dalla catechesi, dagli oratori e dalle messe pasquali. Lavori forzati (non retribuiti) per la disattenzione di un momento e per la fretta, che è la piaga che affligge il mio lavoro. Altro che Etna, siccità e traffico, Johnny. Altro che mafia.
Comunque poteva capitarmi di peggio. La tipografia mi ricorda i miei diciotto anni, quel luglio passato a racimolare quattro soldi per pagarmi la patente.
E quello che devo fare non è così difficile: piego la scatola, passo la colla, faccio aderire le estremità, metto da parte. Moltiplicato per mille (per circa otto ore). In piedi. Al freddo (è saltato pure il riscaldamento). Col rumore delle macchine nelle orecchie e con il sapore del piombo in bocca. Poi (per altre otto ore), cambio operazione: apro l'agenda, incollo l'etichetta, infilo la rubrica, piego la scatola, infilo l'agenda nella scatola (moltiplicato per millecinquecento). Dopo un po' mi accorgo che le mani vanno da sole; la mia mente è partita verso terre lontane, al caldo, in mezzo al mare. Amen.

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