mercoledì 2 gennaio 2008

Io non marcio, cammino

Se è vero che la parola italiana "marciapiede" deriva dal francese marchepied allora forse qualcuno ha fatto un errore di traduzione. Primo, perché il verbo marcher più che marciare significa camminare, e allora avremmo dovuto tradurre "camminapiede", o "camminapedone", dal momento che per definizione si tratterebbe della "parte della sede stradale riservata al transito dei pedoni" (e uso volutamente il condizionale perché non è inusuale trovare questo spazio invaso dai vesponi e dai mosconi succhiabenzina) e secondo: ditemi voi se si è mai visto qualcuno marciare su un marciapiede? Marciano i militari, le bande (e di solito lo fanno in mezzo alla carreggiata); i pedoni, sul marciapiede, camminano, o tutt'alpiù passeggiano se hanno tempo da vendere, o corrono, si affrettano, se sono incalzati dagli eventi; i pedoncini (bambini pedoni) saltellano, giocano, e disegnano con i gessetti colorati. Ops! Mi è scappato via il condizionale: "i pedoncini dovrebbero saltellare, giocare e disegnare"... negli ultimi quarant'anni avete per caso visto un bambino giocare sul marciapiede? Un paio d'anni fa Beppe Grillo diceva in un suo post: "Si è detto che la civiltà di una nazione si misura da come sono tenuti i cessi pubblici, se fosse misurata sui marciapiedi l’Italia sarebbe ultima." Io per ora, rivendico il diritto, in quanto essere umano, di poter rinominare le cose con nomi più gradevoli o attinenti alla realtà: "camminapiedi" mi piace, ma per essere ottimista fino in fondo dovrei scegliere "salvapedoni" (e che ne dite di "striscia pedonabile"?). Basta che ci togliamo dalle scatole quel marciare che, passato attraverso il latino tardomedievale marcare e il francese marcher, pare richiami una primitiva idea di "premere, battere, schiacciare" (vedi qui). Un po' come dire: "il luogo dove i pedoni vengono schiacciati".

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