martedì 30 agosto 2005

Quattordici. Addii.


Mucomorìs se ne è andato. Del resto glielo avevo chiesto io. Io sono allergica al pelo dei gatti, dei gatti bianchi, Mucomorìs, tra noi non avrebbe potuto funzionare, cerco di convincermi. E poi, per un motivo o per l’altro, ogni rapporto include in sé la sua fine. Per questo ti ho chiesto di andartene, sennò me ne sarei andata io. Per anticipare la fine del nostro rapporto. Non mi piace la fine che arriva improvvisa, voglio arrivare preparata al dolore della frattura, non voglio che il destino mi colga di sorpresa. La verità è che mentre ti dicevo addio, Mucomorìs, avrei voluto che tu restassi.

mercoledì 27 luglio 2005

Silenzi/2



Il silenzio è fatto di persiane socchiuse, di palpebre abbassate, di ombre e tenebra e sudore, di pensieri che entrano e escono, di acqua e limone.

lunedì 25 luglio 2005

Silenzi/1

foto di capitan D.


Il silenzio è fatto di onde del mare e fruscio d'oleandri e sassi sulla sabbia e parole pensate e vento di maestrale e ghiaia e sole che arroventa.

martedì 10 maggio 2005

Tredici. Gatti affumicati.


Mi hai ingannato Mucomorìs. Mi hai fatto credere che eri un gatto nero, e invece sei bianco. L’ho visto, sai oggi, quando pioveva, la pioggia ha sciolto il catrame che avevi addosso, chissà se te ne rendevi conto, chissà se l’hai fatto apposta, un rivolo di sangue nero colava dal mio balcone sui fiori della vicina, tu sei diventato a macchie, sembravi un dalmata della carica dei centouno e poi di colpo, bianco, candido, come neve. Avrei dovuto immaginarlo, tu sei una creatura dell’inverno, ma accidenti! Adesso cambierà tutto tra di noi: io sono allergica soprattutto ai gatti bianchi. Chiedilo ad Andrea, se non è vero.

martedì 12 aprile 2005

Dodici. Il viola è un colore tipico della campagna lombarda.


Quando sono nata era domenica e già c’erano le targhe alterne. Era il 1974 e la popolazione era stata invitata all’austerity, rigore morale della saggia parsimonia domestica. In poche parole, i governi si erano improvvisamente accorti che l’oro nero poteva anche finire. E tutti a tirare la cinghia, a usare i piedi e la testa. Sparagnare, si deve, italiani spreconi!
Ora il problema petrolio non fa più paura. Ora c’è il problema inquinamento. E il fatto che noi lombardi viviamo in una delle zone più inquinate del mondo. L’ha detto il satellite, che da lassù ha sotto controllo tutta la situazione.
Quando il 14 ottobre 2004 il Corriere della Sera ha pubblicato l’ormai famosa foto a colori tutti hanno preso in mano la lente di ingrandimento, per guardare meglio: ma no, ma dai! Ma non è possibile! Più inquinati noi dei cinesi? Più dei tedeschi o degli americani? Più di Città del Messico? Con le esalazioni di quintalate di rifiuti, del carbone e di cadaveri intossicanti abbandonati ovunque!?!?
E invece sì.
Noi viviamo nella zona viola. Non violetto, viola scuro. E viola scuro uguale inquinatissimo.
Ecco perché respiro così male.

Per vedere qualche foto non troppo rassicurante:
clicca qui.

sabato 26 marzo 2005

Le biglie sono scomparse dalle strade.


Io comunque preferisco le biglie. Non quelle di plastica, che assomigliano ai ciclotappi (o almeno erano così in origine). A me piacciono le biglie di vetro, quelle che se ce le hai in tasca te ne accorgi, anche perché le biglie vanno quasi sempre in coppia, anzi amano il gruppo perché se ti capita così, per strada, di incontrare un amico e di decidere di fare una partita, mica puoi giocare con una biglia sola. A che ti serve?
Sulle biglie, comunque, se volete sapere tutto ma proprio tutto, lascio la parola a Alejandro Dolina, di cui vi propongo un testo (
Il declino della biglia, scarica in .pdf)

venerdì 25 marzo 2005

Il ciclotappo.

Non è detto che tutte le gare ciclistiche si disputino su strada.
C’era una volta il ciclotappo (www.ciclotappo.it).
Avete presente i tappi a corona delle bibite delle bottigliette di vetro? Il ciclotappo si gioca con quelli. Si fa una pista (come nel gioco delle biglie... più o meno), si infilano nei tappi le immagini dei ciclisti e si fa una gara. Il tappo non rotola via, come la biglia, lasciando nella traiettoria quel margine di incertezza che non dipende dall’abilità del tiratore. Il tappo striscia fin dove vogliamo noi. E si ferma.

mercoledì 23 marzo 2005

Undici. Gatti e fortuna.

Mucomorìs, te ne devi andare. Non puoi restare qui, sono allergica ai gatti. Sono allergica anche ai maiali alle mucche ai cavalli alla polvere al polline alle graminacee ai semi. Sono allergica anche alle rane. Dai Mucomorìs, gatto di marmo, spostati almeno dal tappeto che me lo riempi di peli. Va’ giù in giardino. Come, come? Sei un gatto, hai nove vite: scendi dal balcone.
Mucomorìs, io vorrei tanto tenerti ma proprio non posso. Lo so che in giardino ci sono i cani della vicina che scagazzano liberamente, l’amministratore l’ha già richiamata un sacco di volte. Ma ci sono anche i quadrifogli. Ogni anno ne spuntano almeno venti: e in primavera faccio le scorte di fortuna per tutto l’anno. Ti prometto che quest’anno il primo quadrifoglio è tuo.
E sai che ti dico? Ti regalo anche una bella nutriona. Tanto qui da noi ce ne sono a migliaia. Hanno scavato una città sotterranea, lo sapevi? Meglio di un topo, no? Se vuoi ti mostro l’entrata.

martedì 22 marzo 2005

Dieci. La luce è finita.

La colpa, in fondo, è del black-out. E’ da lì che tutto si è rimesso in moto. Se il 28 settembre 2003 l’Italia non fosse piombata di colpo nell’oscurità totale, oggi qualcosa sarebbe diverso. Ma il black-out ha fatto credere a tutti che l’emergenza energia fosse vera e reale. Vogliamo tornare a scaldarci e illuminarci solo con il fuoco delle candele, delle torce e dei camini?
Che ti viene anche da pensare che l’abbiano provocato apposta, il black-out.
Io il 28 settembre mi sono svegliata alle cinque di mattina per andare in bagno e ho pensato: ma li ho aperti oppure no, gli occhi? Poi ho pensato, non ci vedo. Poi ho premuto l’interruttore e la luce non è arrivata, a tentoni sono andata in bagno, ho fatto la pipì e sono tornata a letto, sempre pensando: che buio. Perché io un buio così non l’avevo mai visto.

Scarica il rapporto sul Black Out

lunedì 21 marzo 2005

Champion.


Vi consiglio di cuore questo film.
Ecco di cosa parla.
Champion è un ragazzino malinconico e solo. Vive con la nonna, madame Souza, in una casa sulle colline della periferia francese, in mezzo ai campi, e la sua unica passione è il ciclismo. Passano gli anni e il suo mondo di campi e uccellini viene ingoiato dal mostro della grande città. Champion non parla mai, ha lo sguardo vuoto, ma ha un cane affezionato, Bruno, che abbaia ogni volta che passa un treno (cioè ogni quarto d’ora). A furia di allenamenti, ritmati dal fischietto dell’instancabile nonnina, Champion si ritrova a correre al Tour de France. Ma durante la corsa, viene portato via da due misteriosi energumeni vestiti di nero. Madame Souza e il fedele Bruno partono allora alla sua ricerca. Attraversano in pedalò l’oceano e arrivano, accolti da una boteriana statua della libertà, a Belleville, megalopoli di grattacieli di traffico strade diritte e hamburger. Qui incontrano il trio delle vecchiette di Belleville, tre eccentriche star del music-hall degli anni ’30, che vivono in povertà mangiando rane e continuano ad esibirsi in performance strambalate. Le tre vecchiette si affezionano a Madame Souza e al suo cane e seguendo proprio il fiuto di Bruno, si lanciano sulle tracce di Champion. Riusciranno ad opporsi ai loschi piani della potente mafia d'oltreoceano?



domenica 20 marzo 2005

La maglia rosa.

Nel 1931 viene istituita la maglia rosa – il colore della gazzetta - quale simbolo del primato in classifica. Il primo a indossarla è Learco Guerra, vincitore della tappa inaugurale del 19° Giro d'Italia, la Milano-Mantova. Anche una delle mie prime biciclette era rosa.
Che poi, il rosa forse lo hanno scelto perché si abbina bene con il grigio del manto stradale e chi lo porta risalta sull’asfalto. O forse perché il rosa e i suoi derivati sono colori che non si incontrano nelle nostre campagne, del resto non viviamo mica in Olanda o in Provenza. Noi abbiamo il giallo dei girasoli, al massimo il viola scuro dell’uva o il rosso delle mele, gradazioni infinite di verde di alberi e frutti e colline. Ma il rosa no. Mancava. Peccato che sia un rosa che vola via. Un puntino nel verde. O sul grigio.

sabato 19 marzo 2005

Il monociclo.

Tra le idee fallite nella storia della bicicletta ce n’è una che, ancora più del Grand-Bi, mi sorprende: il monociclo. Costruito nel 1869 dalle Officine Rousseau (Francia) ha una ruota alta 2 metri, non ha sterzo, e quello che vedete è l’unico esemplare che si conosca in Europa.
Guardatelo. Guardatelo bene. Io sono senza parole.
L’inventore di questo bizzarro mezzo, che ingloba, piega e deforma il più noto Grand Bi, aveva senz’altro immaginato qualcosa di più. Deve essere così. Perché per come è fatto il nostro mondo, di strade in discesa e salita e di curve, non c’era spazio per un’invenzione del genere.
Quest’uomo voleva rivoluzionare il mondo! Voleva cambiare tutto, a partire dal monociclo, strade, viabilità, lavoro, divertimenti, esseri umani!
Beh, perché no?
Qualcuno l’ha già detto, ma è proprio vero: quello in cui viviamo è solo uno dei mondi possibili. Chissà come sarebbe stata l’era del monociclo.
PS. Anche oggi esistono i monocicli, ma sono ben diversi.

venerdì 18 marzo 2005

Uomini o...

La locomotiva umana: Learco Guerra.
Il grande ragno, l’airone, l’ippogrifo, il re delle Dolomiti, il principe dei Pirenei, l’imperatore del cronometro: Fostò. Il campionissimo.
L’uomo di ferro, l’intramontabile, il pio Gino.
Fiorenzo Magni, il leone delle Fiandre.
L’angelo della montagna, Charly Gaul.
Il re leone, Mario Cipollini.
Marco, il Pirata.
Ma stiamo parlando di persone, animali, eroi, santi o di cosa?
Certo, alcune tappe del Giro d’Italia, come quella del Bondone, nel 1956, con una tempesta di neve che assiderò molti corridori, evocano scenari infernali, gironi danteschi, scene apocalittiche.
Se non ci fossero stati due mastelli di acqua calda, il lussemburghese Charly Gaul, non sarebbe mai arrivato primo in cima, con diversi minuti sugli avversari. Fiorenzo Magni, spalla fratturata, se l’era cavata tenendo il manubrio con i denti, grazie a un laccio particolare. Altro che eritropoietina, testosterone e nandrolone. Oggi anche il ciclismo è inquinato.
Ma non è colpa dei corridori. E nemmeno delle biciclette.

giovedì 17 marzo 2005

Nove. Gatti e polline.

gatto incanta vento di Guido Boletti

Muco è un gatto nero e grasso. Solo lui sa come diavolo riesce a muoversi in equilibrio, su quel suo culo di diversi chili, sui cornicioni delle case e i parapetti dei balconi. Ma ci riesce, anche se io l’ho visto sempre fermo e immobile. Un giorno mi sono svegliata e Muco era piantato nella fioriera del mio balcone: un sacco di patate a riposare sotto i raggi tiepidi di primavera. Nel pomeriggio i raggi si son fatti roventi e Muco è scomparso. Intendiamoci: non l’ho visto andare via. A un certo punto, semplicemente, non c’era più. Io non sto tutto il giorno a fissare il mio balcone, e lui ha sicuramente avuto tutto il tempo necessario per spostarsi con lentezza felina. Ma mi ha stupito l’assenza di rumore. Neanche un tonfo e puf! è scomparso. Muco, il sole è forse troppo forte per te? Ma se sono mesi che non aspettiamo altro! Non senti che odore di polline e margherite, Muco! Vieni, che togliamo la pellicciotta, dai! Muco!
Da dietro la pianta, all’ombra della casa e al fresco del marmo, lui ha messo fuori il musetto e “Comunque – mi ha detto – mi chiamo Maurice.”

mercoledì 16 marzo 2005

Il bandito e il campione.

Dunque Binda riuscì a battere anche Girardengo, grande campione, l’amico del bandito, quello della canzone. Storia che tutti conoscete, sennò in due parole ve la racconto.
Costante (Girardengo) e Sante (Pollastri) erano grandi amici, cresciuti insieme. Entrambi avevano una grande passione: la bicicletta, ma il destino volle che Costante diventasse un campione di ciclismo, Sante invece un fuorilegge, temuto e ricercato.
Fu la bicicletta a tradire Sante, che venne arrestato in Francia al traguardo di una corsa, mentre aspettava l’amico Girardengo. “E già si racconta che qualcuno ha tradito.”

martedì 15 marzo 2005

Binda.

Alfredo Binda. Il suo nome si lega alla leggenda del Giro d’Italia. Nel 1930 venne invitato a non partecipare al Giro per manifesta superiorità. In pratica vinceva sempre lui (sue le edizioni del 1925, del 1927 e del 1929) e gli altri non erano molto invogliati a partecipare. Per non correre, gli venne offerto il premio (22.500 lire) che avrebbe guadagnato in caso di vittoria. Binda accettò. E se ne andò in giro per l’Europa a vincere altri premi. Tre volte campione del mondo, Binda era uno che trangugiava ventotto uova e poi vinceva il Giro di Lombardia con ventinove minuti di vantaggio sul secondo classificato.
Binda era uno che quando forava staccava coi denti il tubolare cementato al cerchio, lo sostituiva da solo, ripartiva e vinceva.
Binda era uno che dopo aver tagliato per primo il traguardo, si univa alla banda musicale suonando la tromba.

“Non avrei potuto fare altro che il corridore – dichiarò una volta - al massimo sarei potuto diventare un direttore d’orchestra!”
Fu grazie a lui che Bartali e Coppi diventarono Bartali e Coppi.

lunedì 14 marzo 2005

Il primo Giro.


Il primo Giro d'Italia venne organizzato dalla Gazzetta dello Sport. Era il 13 maggio 1909. Alle 2.53 del mattino dal rondò di Loreto, a Milano, partirono 49 concorrenti su 127 iscritti. Le tappe erano 8, per un totale di 2.448 chilometri. I corridori vennero fotografati uno per uno prima della partenza, come misura precauzionale. Nel caso qualcuno avesse deciso all’ultimo momento di farsi sostituire. Le notizie della corsa pervenivano attraverso dispacci telegrafici che l'organizzazione appendeva dentro le vetrine della Lancia-Lyon Peugeot, in Piazza Castello, mentre i pochi che possevano il telefono potevano informarsi chiamando il 33.68.
A quella prima edizione parteciparono anche Potier, detto "frou frou", vincitore del Tour 1906 e Trousselier, oltre al celebre Petit Breton che però si ritirò per una caduta nella prima tappa, la Milano-Bologna.
Il montepremi del Giro all'esordio era di 25 mila lire.
Luigi Ganna, il primo vincitore, guadagnò 5.325 lire, l'ultimo classificato 300 lire.
Fonte:
sito della Gazzetta dello Sport

domenica 13 marzo 2005

Chi l'avrebbe mai detto...

Per tornare a Dunlop. Come le cose più geniali ed elementari nascono dalle associazioni più impensabili. John Boyd Dunlop era un veterinario scozzese, che lavorava in Irlanda e che, da bravo papà, aveva comprato per il figlio John di dieci anni un triciclo con le ruote di gomma piena. Ma il bambino si lamentava in continuazione per le troppe scosse, e così il bravo veterinario (che mi immagino come quello dell’amaro Montenegro), osservando – pare – le intestina di animali, realizzò dei copertoni contenenti una camera d’aria in gomma, in grado di assorbire urti e vibrazioni del selciato.

sabato 12 marzo 2005

Otto. La città dei cento camini.


La verità è che sta diventando tutto uno schifo. E non solo noi allo schifo, all’inferno ci stiamo abituando e quanto sono più belle le nostre case dentro tanto più fuori è un piattume di gradazioni di grigi e cementi e palazzine e supermercati e iperstrade e tangenziali e raccordi e discariche e rifiuti e odori pestilenziali. Che a uno non viene più neanche voglia di uscire. Non solo. Tutto è talmente uno schifo che non si riesce più nemmeno a rintracciare la causa primigenia e unica dello schifo che penetra nei nostri polmoni e nel nostro stomaco e mette radici nel cervello e si incancrenisce fino a farci morire. Perché la causa unica e primigenia semplicemente non esiste. Sono tutte cause uniche e primigenie o forse siamo noi la causa unica e primigenia, in un circolo vizioso che non avrà mai fine.
La centrale termoelettrica basta a rifornire di energia nove volte il nostro territorio. Però la vogliono raddoppiare, e ne vogliono costruire un’altra a cinque chilometri di distanza.
Perché? La gente per strada ripete quello che ha sentito dire: “ci serve più energia”.
Forse da casa mia riuscirò a vedere anche la nuova centrale, direzione sud-ovest.
Forse un giorno anche noi saremo “la città dalle cento torri”. Come Praga, sogno di pietra, o come Ascoli Piceno, Pavia, Bologna, Chieri, San Gimignano. Una selva di falli eretti verso il cielo, sperma di polveri e vapore, a inseminare di necrosi terre uomini alberi e animali.
E come Alba avremo anche noi il nostro Borgo del Fumo, e quello delle ceneri.
I nostri cento fumanti camini intossicheranno l’aria, e spazzeranno definitivamente via la sognante nebbia assassina che un tempo, d’inverno, i campi alitavano per scaldarsi un po’.