Fino a qualche anno fa (fino a quando le forze gliel'hanno consentito) mia nonna aveva il compito di sfornare torte per tutta la famiglia, per i compleanni ma a volte anche per gli onomastici e gli anniversari di matrimonio. Si poteva richiedere la crostata burrosa di amarene o, in alternativa, la torta gialla e marrone, anche se ormai lei conosceva le nostre preferenze e non chiedeva più. Per il compleanno di mia sorella (che non è mai riuscita a mangiare la marmellata e che, della crostata, mangiava solo gli ambitissimi bordi) eravamo sicuri, ad esempio, che sarebbe stata sfornata una torta gialla e marrone.
La torta gialla e marrone della nonna Franca (conosciuta altrove anche come "torta marmorizzata") sembra una torta banale ma non lo è affatto. Quella di mia nonna era soffice, alta, consistente. Raramente l'ho sentita lamentarsi che non le fosse venuta bene, e in quelle occasioni provvedeva subito a sfornare un altro esemplare. Ed era così buona questa torta, e semplice al tempo stesso, che un anno mia zia partecipò a un concorso di cucina spacciandola per sua e si classificò al terzo posto. Ma la torta era stata fatta dalla nonna.
Gli ingredienti: duecento grammi di zucchero, centocinquanta grammi di burro, tre uova, duecento grammi di farina 00, scorza di limone grattugiata, una bustina di lievito, trenta/cinquanta grammi di cacao (a scelta). Il procedimento è piuttosto semplice e basta rispettare l'ordine in cui ho elencato qui sopra gli ingredienti: mescolare lo zucchero con il burro precedentemente sciolto, aggiungere le uova e poi la farina, la scorza di limone e la bustina di lievito. Infine, separare in due metà (una un po' più abbondante dell'altra) l'impasto ottenuto e a quella più scarsa aggiungere e mescolare il cacao. Imburrare e infarinare una tortiera, e versare un cucchiaio giallo e uno marrone uno giallo e uno marrone etc. etc. fino a riempirla. Infornare per quaranta minuti a centottanta gradi.
Nella fotografia potete vedere l'esemplare prodotto il giorno del mio compleanno, il primo di una serie di cinque (non il migliore), alla ricerca del tempo perduto, gli ultimi due dei quali realizzati dopo lunghe riflessioni insieme allo chef Giulio di Monreale. Perché mia nonna questa ricetta la conosceva così bene, che nel suo sgangherato e lacero ricettario, spiega a stento "come fare": c'è solo un elenco di ingredienti appuntati storti e frettolosi.
Ma ecco i consigli per riuscire a produrre un esemplare che si avvicina al novantacinque per cento ai sapori della mia infanzia.
Primo, la tortiera non deve essere troppo larga, ventiquattro-ventisei centimetri.
Secondo, il burro possibilmente va sciolto a bagnomaria.
Terzo, è bene mescolare il più possibile, fino a ottenere un impasto cremoso; se non si ha sufficiente forza, ricorrere allo sbattitore elettrico.
Quarto, il cacao non va sciolto nel latte (come sosteneva mia mamma): va mescolato all'impasto così com'è, in polvere.
Quinto, cercate di evitare che un orso affamato vi raschi via gli avanzi dell'impasto e cercate di mettere tutto, ma proprio tutto dentro la tortiera: per questo, ho scoperto che esistono strumenti che servono per raschiare i residui delle ciotole: a voi la scelta tra una torta ben riuscita e la felicità leccatoria di un bambino (o di un bambino cresciuto).
Infine lo chef Giulio sostiene che durante la cottura bisogna parlare a bassa voce, non sbattere le porte e non fare rumori.
Se lo desiderate potete anche ricoprirla con lo zucchero a velo.
E poi c'è quel cinque per cento che nessun esperimento riporterà indietro, e che era l'amore che mia nonna metteva nella torta, che confezionava e incartava come un regalo. E naturalmente il suo forno di altri tempi, che oggi sarebbe dichiarato fuorilegge.
In realtà avevo appena scritto un commento, ma vedo che non c'è...
RispondiEliminaVolevo solo dirti che sono bellissimi, sia la torta che il suo racconto. Non vedo l'ora di provarla e mi spiace tanto essermela persa, l'altra sera. Mi piacciono tantissimo queste torte soffici! La mia nonna ne faceva una con cioccolato grattuggiato e nocciole che è una delizia!..ora la fa mia mamma, ma solo ogni tanto...
Un abbraccio..ti aspetterò sul mio blog, quando avrà preso una forma migliore..
Anche lì vorrei mettere qualche ricetta di pozioni magiche per la felicità, come quelle di queste torte.
Leggevo e pensavo alla zia Nara, a tutte la volte che ci ha regalato "ì dòrce".
RispondiEliminaCerte volte la borrachera è allegra, vispa. Talvolta è triste, come in tante torte ci vuol quel pizzico di sale, così si spende una lacrima.