illustrazione di Gabriel Ippoliti
Mi piaceva tutto, lo studio, la politica, i godimenti, l'amore. Campare per me coincideva con quella smania. Campare, sottolineai, e le parlai a lungo della densità del vocabolo nel mio dialetto. In quella parola la fatica di stare al mondo conviveva col godimento. La doppiezza si sentiva molto bene nel sostantivo campata. La campata era il denaro che un uomo deve guadagnare nel corso di una giornata per nutrire la sua famiglia e se stesso, la materiale sussistenza, un tetto sulla testa, lo stomaco da riempire. Ma era anche, con una segretissima torsione, un gioioso rapporto sessuale: farsi una campata. Tant'è vero, le dissi, che chi si dedicava alle campate con passione, si meritava un appellativo da professionista del godimento, era un campatore, vale a dire un viveur.
Domenico Starnone, Spavento
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