Con questa benedetta neve che non si decide a scendere, da un po' di mattine mi sveglio immersa in un biancore fitto e dolciastro e mi illudo osservando il tetto delle auto che sia finalmente arrivata ma niente, è solo la soffice ovatta di nebbia, e mi dico, ma allora cosa è Natale a fare, e lo dice una che la nebbia la adora e che pensa anche: meglio che niente. Meglio che niente: ma se voglio godermi quel mondo indefinito di suoni attutiti e persone che non si distinguono, devo uscire presto presto o tardi tardi e invece va sempre a finire che mi ritrovo a metà giornata con un cielo che non sa se essere grigio o di qualche altro colore, la nebbia è sparita chissà dove e spuntano ovunque palazzi e strade grigie e luci al neon e luminarie ansimanti. Meglio stare in casa, allora, schiena appoggiata al calorifero, tisana in grembo, libro in mano (l'elenco è lungo e basta far finta di essere chiusi in un bunker senza possibilità d'uscita, sullo sfondo di qualche apocalittica guerra del futuro, e giocare alla sopravvivenza, anche con i viveri). E mentre sono lì, sento puf!, guardo fuori dalla finestra e di colpo vedo scendere bianchi fiocchi leggeri. Neve, neve! Finalmente! Forse lassù hanno cambiato idea, sicuramente quaggiù non bisogna perdere tempo: in quattro e quattr'otto mi preparo ad uscire (perché la neve è bella quando è fresca). Ma ecco che sulla soglia di casa compare la vicina del piano di sopra. Bianca. Mi chiede scusa, per avermi imbrattato il balcone: le è scappata la mano con lo zucchero a velo del pandoro.
(Dimenticavo. Oggi mi è arrivata una mail spam da una certa Maria Bianca Farina. Non è un segno?)
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