foto di Mauspray
Stamattina a scuola Primo, un bambino magro e sdentato, si è messo a piangere perché non voleva lavorare al computer con Ultimo, robusto e prepotente. Ultimo ha visto le lacrime di Primo e non ha detto niente, del resto se uno piange, avrà le sue ragioni. Che c'è, che succede? ho chiesto. A quanto pare, Ultimo è un bambino difficile. «Si butta sempre per terra, ci picchia, e non fa mai quello che dice la maestra» mi ha sussurrato una bambina, come a volermi spiegare perché Primo piangeva. Ma la maestra non ha voluto sentire ragioni: «devono lavorare insieme» ha sentenziato, e poi se n'è andata. Nessuno ha chiesto a Ultimo se aveva voglia, lui, di lavorare con Primo. E poi come se niente fosse, si sono lasciati accompagnare al computer, che per loro era una cosa nuova. E il computer ha fatto quello che fa sempre, con tutti: li ha distratti. Primo dalle lacrime, Ultimo dalle prepotenze. Li ho lasciati fare, osservandoli a distanza di sicurezza, concentrati sui tasti, su come fare un apostrofo, lo spazio tra le parole e le virgolette, il terribile punto di domanda. Sembravano quasi amici. Chissà se fuori dall'aula di informatica è nata un'amicizia, o se Ultimo ha aspettato Primo in bagno per vendicarsi delle lacrime.
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