lunedì 22 ottobre 2007

Trentatre. Temperature andine.

Mi sono accorta che è arrivato l'autunno non solo per le labbra screpolate, il torcicollo, la velocità con cui i fazzoletti di carta volano dal loro involucro dritti nella spazzatura ma perché la tana si è improvvisamente popolata di strane creature.
Le mosche. Ne uccidi due ne compaiono quattro. Ognuna ha un punto del soffitto preferito. Ci stazionano per ore senza muoversi. Sembra un invito all'omicidio, io faccio finta di niente, perché così è troppo facile. Preferisco immortalarle quando mi danno noia, cioè sempre quando sto lavorando. Le piante. Hanno fatto di tutto per supplicarmi a non aprire più le finestre e qualcuna si è finta morta pur di farsi portare dentro. Per loro, qui si sta bene, fa caldo, mi sembra di capire. Almeno è riparato. A me si gelano mani e piedi, ossa e cervello. Mi sembra di stare in un igloo. Non so più chi ha ragione. Forse non mi accontento abbastanza. Sono abituata troppo bene.
Poi è arrivato lui, il cugino di Mucomorìs, il gatto andino, detto anche Titi. E' un misto tra un gatto, un procione e un tigrotto. E' in via di estinzione. Che faccio, lo ospito? Ma non è che poi mi tocca abbassare ancora la temperatura? Mi risulta che lui sia abituato a vivere tra i 3.000 e i 5.000 metri sulle Ande. E se si estingue?

2 commenti:

  1. chiedo ospitalità, sono un gato andino con orecchie lunghe due metri e senso del pudore elevato. unico difetto: sono lunatico

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